Progetto “Il mio campo libero”: le testimonianze dei volontari che realizzano le attività in carcere

Carcere , Sociale ,

Il progetto “Il Mio Campo Libero”, partito il 13 novembre 2023 e che proseguirà fino a maggio 2025, è destinato ai detenuti delle sezioni maschile e femminile della Casa Circondariale Sant’Anna di Modena.
La società capofila del progetto è CSI Gialloblu Sport ASD, la quale ha coinvolto i seguenti partner sul proprio territorio: Mutina Sport ssd – Abracadam asd – Polisportiva Campogalliano asd – PGS Smile asd – CSI Modena Volontariato ODV e Club 64.

Le attività portate avanti in questi mesi sono finalizzate alla promozione di sani stili di vita, all’allentamento delle tensioni legate alla reclusione, al veicolare rispetto delle regole e del gioco di squadra, alla socializzazione e al movimento attraverso la pratica sportiva. Sono state avviate nelle sezioni maschili attività sportive di calcio, urban dance, pallacanestro, pesistica, scacchi, mentre nella sezione femminile si praticano pallavolo e danza.

Per raccontare il progetto, presentato lo scorso 18 settembre in conferenza stampa, abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni dei volontari impegnati direttamente nella gestione delle attività!

Sara Pozzetti, Abracadam

“Sono Sara, mi occupo del progetto danze urbane in qualità di ballerina e coreografa presso l’istituto penitenziario Sant’Anna sia per la sezione femminile che per la sezione maschile.
Con me i ragazzi e le ragazze sperimentano la danza come veicolo di condivisione sana e di crescita personale, oltre ad arricchire il loro bagaglio personale affrontando uno sport che spesso non hanno mai provato.
Con gli uomini ho impostato una lezione rivolta più all’Hip hop e al mondo Afro, mentre con le donne più alla Dancehall e al Reggetton, scelta fatta per andare incontro ai generi che piacciono di più alle rispettive parti!
Fare attività di questo tipo ti apre il cuore e la mente. Per me fare attività in carcere è prendere ancora più coscienza del fatto che nessuno nasce “cattivo” e che non sempre “se vuoi puoi”.
Ci sono circostanze che spesso ci sembrano molto lontane da noi, invece ce le abbiamo di fianco. Il potere dell’educazione sotto ogni sua forma, dallo sport alla scuola, credo sia fondamentale in un percorso riabilitativo, e quando sei proprio tu a contribuire nel creare valore per una persona, ti senti nel posto giusto al momento giusto, ed è una sensazione incredibile per la quale io vivo con tutta me stessa.

Al maschile una volta mentre stavamo facendo lezione, una guardia è entrata e ha comunicato la scarcerazione di un ragazzo e questo ha scatenato un clima di festa ed emozione incredibile! Assistere a quel momento in cui tutti erano felici per lui, è stato incredibile!
Dalle donne invece una volta ho portato una canzone hardcore techno sotto richiesta di una detenuta che solitamente è molto tranquilla, infatti la richiesta mi aveva stupito, appena la canzone è partita c’è stato un momento ‘rave’ in cui si sono proprio scatenate ballando come se non ci fossero muri a tenerle lì! È stato come respirare la loro libertà di quel momento ed è stato splendido!

Livio Gasparro, Pol Campogalliano

“Sono un ex ragazzo cresciuto in una città del sud molto difficile, ho avuto la fortuna di conoscere persone che hanno creduto in me anche nei momenti difficili e per questo ora mi trovo a fare questo genere di attività. Mi sono laureato mentre facevo il volontario in quartieri di frontiera e questa esperienza mi ha arricchito tanto. Mi ritengo fortunato e cerco di dare quello che ho ricevuto, attenzione, ascolto e presenza.
Sulla mia attività in carcere ci sono tanti aneddoti, fra questi ricordo un ragazzo ex bodybuilder che non vedeva l’ora di trovarmi in palestra e raccontarmi i suoi progressi a scuola mentre si allenava. La sala pesi non era solo un luogo di sfogo o allenamento, ma anche di confronto fra mondi diversi. Prima di andare via, Mirko mi ha regalato una sua posa plastica con una dedica che conservo con affetto. So che la nostra presenza non può diventare la risposta a tanti dei loro problemi, ma penso che trovarsi lì ed ascoltare e come piantare un altro seme di speranza”.

Pietro Prampolini, CSI Gialloblu Sport

“Vado in carcere due giorni a settimana, al martedì sul campo da calcio con due blocchi e al mercoledì seguo i ragazzi di un’altra sezione nei loro allenamenti in palestra.
Sul campo aiuto l’organizzazione e dirigo lo svolgimento delle partite o dei tornei di calcio, mentre in palestra supporto i ragazzi durante gli allenamenti dando loro consigli, varianti, correzioni e dritte per renderli vari e più efficaci. In questo secondo caso sono in tantissimi ad avere la voglia e la curiosità di capire come lavorare al meglio sul loro fisico, sia durante l’ora e mezza trascorsa con me, che nei loro allenamenti quotidiani con casse d’acqua e manici di scopa in cella.

Ho iniziato questa attività per curiosità, nel mio lavoro ho sempre cercato di sperimentare cose nuove e avendone la possibilità mi ci butto ogni volta che ne ho l’occasione. Ho continuato, e tutt’ora procedo, per i rapporti che si vengono a creare con questi ragazzi e per vedere come lo sport può agire in situazioni così tanto diverse tra loro e da quelle che siamo abituati a toccare. Sport come riscatto, come sfogo, come voglia di cambiare fuori per mostrare qualcosa che è cambiato dentro, a volte purtroppo anche sport come rabbia, corazza e frustrazione. Non con tutti e non sempre ma, quando becchi bene questi ragazzi sono una bomba di racconti, esperienze, voglia di fare, riscatti, curiosità e fame di crescita che mi fa venire voglia di fare tutto ciò che posso per essere l’altezza di quello che sperano di diventare in questo loro percorso. Farlo attraverso lo sport, che considero sempre il miglior tramite che l’uomo abbia mai inventato, è stimolante, appagante e anche divertente. Lo consiglio a tutti quelli che hanno voglia di mettersi in gioco.

Di aneddoti ce ne sarebbe uno per ogni ragazzo. Come sono arrivati dove sono, perché non vogliono tornarci, come vivono la loro detenzione e che rapporti hanno con chi sta fuori. Cos’era per loro lo sport fuori, cosa sperano tornerà una volta usciti e come provano a tenere accesa la fiammella mentre sono dentro.
Se devo dire la mia più grande soddisfazione, anche se può sembrare roba da poco, ti dico l’inclusione che si è venuta a creare durante le ore di calcio. Un anno fa giocavano solo i soliti: giovani, forti e veloci. Gli altri a guardare. Nell’ultimo periodo proprio da questi ragazzi è nata l’idea di coinvolgere anche quella fetta di sezione più avanti con l’età che ora si presenta tutti i martedì in pantaloncini e calzettoni e scende sul campo per far vedere quanto sono contenti di aver staccato quel chiodo a cui avevano appeso le scarpette quarant’anni fa”

Chiara Casali, PGS Smile

“Ho iniziato otto anni fa. La prima volta sono entrata con le mie compagne di squadra per una partita di pallavolo con le detenute. Fu uno shock la prima volta, soprattutto il senso di libertà provato una volta uscite. Mi sono candidata allora come volontaria per il CSI ed è da quel giorno che spesso, al sabato mattina, entro con il mio borsone di palloni e una chiavetta con la musica dance. Giochiamo a pallavolo un’oretta con una rete che fa veramente pena, ma noi riusciamo a divertirci lo stesso!
Cosa mi spinge a farlo? Le ragazze dentro al Sant’Anna. Loro mi aspettano, non vedono l’ora che arrivi il sabato. È un’ora spensierata, torniamo bambine. Anche chi è gonfio di metadone non manca mai. Porto i palloni leggeri, così anche chi si è tagliata può giocare. È per me un’ora di vita intensa, densa. Dentro al carcere è tutto molto amplificato. Se una compagna di cella viene trasferita, si piange come se fosse morta una persona cara. È difficile gestire le emozioni dentro al carcere e avere un adulto stabile è per loro tanto importante.
È un esperienza molto bella, che però non consiglio a tutti. Ho notato che tutte le volontarie che resistono negli anni sono tutte un po’ spavalde, molto determinate, tanto affezionate ai progetti che portano avanti.
Ho avuto modo in questi anni di sentire tanti pezzi di vita, anche pesanti. Una mamma mi raccontò che lasciò il suo bambino appena nato in ospedale. Lo amava troppo per trascinarlo nel casino della sua vita. Sono passati otto anni, ma a quel bambino che non ha mai visto crescere, lei ci pensa sempre. Avrà certamente fatto dei guai nella sua vita, ma è il gesto d’amore più grande che io abbia mai ascoltato“.

Mattia Simonini, Club 64 ASD

“La mia esperienza è stata estremamente positiva, tutto è cominciato oltre due anni fa quando la Presidente del CSI Modena Emanuela Maria Carta è venuta a bussare alla porta del nostro Club, che si occupa di diffondere il gioco degli scacchi organizzando tornei, eventi, incontri, fiere, manifestazioni giovanili e tanto altro. Quando ci è stato chiesto di portare gli scacchi all’interno della Casa Circondariale Sant’Anna mi è subito sembrata una bellissima occasione, ho voluto farlo personalmente perché sono sempre stato curioso di scoprire realtà diverse e perché adoro insegnare gli scacchi in qualunque contesto.
I partecipanti al progetto sono sempre stati estremamente ben disposti nei miei confronti e nei confronti della mia attività, mi sono sempre sentito a mio agio e spero di aver fatto altrettanto sentire loro altrettanto bene”.

Leggi anche: