Una riflessione su questo momento storico. Mai appendere le scarpe al chiodo: in questo momento storico, nonostante tutto, abbiamo una fame di sport che ci fa “sanguinare”.
“Lei vuole che io mi metta a nudo (se mettre à nu) come usavano i romantici ottocenteschi di seconda ruota?”
Gianni Brera, Storie di calcio
“Ebbene, amico mio, lo faccio con voluttà: non perché senta di esser bello: anzi, sono informe: una vera e propria ernia addominale: ma perché fra corrispondenti è bene intendersi al meglio.
Gianni Brera
Sono giunto alla fine della stagione calcistica trascinando i tacchetti come certi pedatori che so io.
Il calcio mi usciva dagli occhi e dalle nari. Ero alla nausea più ributtante. Non sopportavo l’idea di veder calciare altri che i bambini (ad esempio i mie cari turchetti, costretti dalla madre musicomane a finger di suonare un violino e un violoncello per bambole)”.
Parto citando indegnamente Gianni Brera, noto giornalista che grazie ad inventiva e padronanza della lingua italiana ha lasciato una profonda impronta sul giornalismo sportivo italiano, per dire che in questo momento, nonostante tutto, abbiamo una fame di sport che ci fa sanguinare.
Avremmo voglia di partire in quarta, con vento in poppa, di fare melina, di giocare in punta di fioretto, di scatenare la bagarre…
Questo Coronoavirus non ci metterà alle corde, non getteremo la spugna, non appenderemo le scarpe al chiodo.
Anzi, dopo avere giocato la partita in casa, saremo noi a fare il goal decisivo, rigorosamente in zona cesarini.