Tra ghiaccio e pallone: Islanda, dove nascono i Gudjohnsen

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Il protagonista del quinto racconto di Bar Sport è Eidur Gudjohnsen, cresciuto in Islanda col sogno di diventare calciatore. Come papà Arnor

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Zecchino d’Oro, 1994. Il presentatore Cino Tortorella sta parlando con Giulio, un bimbo vicentino di 4 anni che in quanto a simpatia non ha rivali. Domanda: “Sai dov’è l’Islanda?”. Risposta: “E’ mooolto lontano, l’Islanda. E’ vicino a Padova, l’Islanda”. Se qualcuno non si è mai imbattuto in questo personaggio, può andare su YouTube e godersi vari filmati.

Giulio da Vicenza, one-man show nell’edizione 1994 dello Zecchino d’Oro

Altre due domande, stavolta tocca a noi rispondere. Come si chiude il Mondiale di calcio del 2006? Grosso spiazza Barthez e Cannavaro alza la coppa. Proviamo ad aumentare il livello di difficoltà e andiamo al punto di partenza. Come si apre quel meraviglioso biennio? Per chi sa già la risposta, giù il cappello. Chi, invece, ha scavato senza successo nella propria memoria, non si deve sentire inesperto.

Il 18 agosto del 2004, nel bel mezzo dei Giochi di Atene, molti dei calciofili italiani sono più concentrati sulla nazionale olimpica allenata da Claudio Gentile, che lo stesso giorno si gioca la qualificazione al turno successivo. Una coincidenza di calendario che ha avvicinato il match al dimenticatoio, dando una mano a Marcello Lippi: perdere 2-0 in Islanda, seppur una partita amichevole, non è il modo migliore per esordire sulla panchina azzurra. O forse sì, se l’ultimo commissario tecnico ad aver steccato la prima è anche l’ultimo ad aver alzato la Coppa del Mondo.

L’incipit di una storia che per gli Azzurri finirà benissimo

Enzo Bearzot, però, al suo debutto aveva perso in casa della Germania Ovest e non contro la settantanovesima squadra del ranking Fifa. A dare un aiuto a Lippi ci pensa anche Valentina Vezzali, che col suo fioretto vince l’oro: sotto gli ombrelloni italiani, il giorno dopo, le pagine dei giornali parlano prevalentemente dei Giochi. Anche i ragazzi di Gentile riusciranno a concludere sul podio il loro percorso in Grecia: di quel gruppo Under 23 fanno parte giocatori come Pirlo (fuoriquota), Amelia, Barzagli, De Rossi e Gilardino, tutti e cinque campioni del mondo due anni dopo in Germania.

Tra quelli scesi in campo a Reykjavik davanti a più di 20mila spettatori (un record per l’Islanda), l’attenzione non la mettiamo su un giocatore italiano. Ma sull’attaccante biondo che ha la maglia bianca, il numero 9 sulla schiena e la fascia da capitano al braccio. Quello che ha segnato il gol dell’1-0. Eidur Gudjohnsen.

Non ha ancora compiuto 26 anni, ma è da una vita che gioca con la nazionale islandese

Dal 24 aprile del 1996, quando a 17 anni in Estonia subentra al posto di Gudjohnsen. Perché ad uscire è proprio suo padre, Arnor.

Anche due figli di Eidur sono calciatori: Svenn gioca a La Spezia, Andri nell’U18 del Real Madrid

Nella primavera del ’96 c’è un pezzo che domina le classifiche musicali di mezzo mondo: Children, composto dall’italiano Robert Miles. Eidur non è più un bambino, ma osservando bene quel bacio paterno sembra quasi che il tempo sia tornato indietro, a quando il Gudjohnsen 17enne era Arnor. Con il suo Eidur tra le proprie braccia.

Il ct Logi Olafsson sceglie un’altra colonna sonora...

Sempre pescando tra le hit parade del momento, spinge il tasto play al minuto 62: entra il 13, esce il 9. I Boyzone, band irlandese, hanno fatto tornare in classifica Father and son. Eccolo, è questo il brano scelto dal mister. La versione originale, quella di Cat Stevens, era uscita nel 1970, praticamente nel mezzo di una linea temporale che va dalla nascita di papà Arnor (classe ’61) a quella del suo primogenito (’78).

Cat Stevens, cittadino del mondo: nasce a Londra da madre svedese e padre greco-cipriota

Allargando gli orizzonti e dando un’occhiata all’intera carriera di Eidur Gudjohnsen, saltano all’occhio i grandissimi calciatori offensivi che hanno giocato insieme a lui. Per far conto pari, ci accontentiamo di questi dieci. In ordine alfabetico: Bale, Crespo, Drogba, Eto’o, Henry, Messi, Robben, Ronaldinho, Ronaldo, Zola.

La storia del gioco del calcio è fatta di nomi che, anche a distanza di anni, continuano a viaggiare in coppia nelle menti degli appassionati. Prendiamo tre esempi degli anni ’90. In casa nostra Vialli-Mancini, i gemelli del gol. All’estero Cole-Yorke, i Calypso Boys. E fuori dai club? Salas-Zamorano, la dupla Sa-Za. Gli ultimi due sono cileni, come Luis Sepulveda.

Un fuoriclasse della letteratura può avere un cuore che per tutta la vita batte fortissimo per il futbol?

Ovviamente sì, specialmente se da ragazzino ti arriva il Mondiale in casa. Cile 1962. Ed è curioso quello che succede qualche mese dopo. Il 13enne Luis è invitato al compleanno di Gloria, di cui è innamorato. Non sa che regalo farle. Alla fine opta per una delle cose più preziose che ha in casa: la foto della nazionale cilena con gli autografi originali dei giocatori, che lui stesso ha guadagnato con grande impegno nel corso di varie settimane. La ragazza ringrazia, ma dice che non le piace il calcio: ama la poesia. Una risposta che lo segna profondamente.

Col sorriso sulle labbra, vari decenni più tardi Luis Sepulveda dirà: “La vita è una somma di dubbi e certezze. Io ho un grande dubbio e una grande certezza. Il dubbio è se la letteratura avrà guadagnato qualcosa con la mia militanza nella parola scritta. La certezza è che, a causa della letteratura, il calcio cileno ha perso un grande attaccante”. Il suo dubbio è per il mondo una certezza.

Dopo il salto nel Sudamerica degli anni ’60, torniamo a noi. Dove eravamo rimasti? Ah, sì, alle coppie-gol. Il partner per eccellenza di Gudjohnsen non è tra i dieci nomi già elencati. Si chiama Jimmy Floyd Hasseilbaink.

Qualche gol della coppia ‘Fire and Ice’ nella versione 2001/02

Eidur cresce nel Vadur, poi a soli sedici anni spicca il volo: destinazione Olanda. Evidentemente il Psv Eindhoven ha una certa abilità nel prendere giocatori giovani e forti. E’ lì che gioca Ronaldo. Per Eidur le cose sembrano andare discretamente, almeno fino al grave infortunio alla caviglia che, a causa di alcune complicazioni, lo tiene lontano dalle partite per circa due anni. Gli tocca ripartire, tornando in patria: stavolta con il KR Reykjavik, l’altra squadra della capitale. Una cosa veloce, perché arriva subito la chiamata del Bolton, squadra di seconda divisione inglese con la quale fa due ottime stagioni.

Ed eccoci all’estate del 2000

Il Chelsea acquista Eidur Gudjohnsen e Jimmy Floyd Hasselbaink. Sulla panchina c’è Gianluca Vialli. Curioso pensare che, da una decina d’anni, l’islandese conserva con cura una maglia del suo nuovo allenatore. Nel 1990, al termine della finale di Coppa delle Coppe vinta dalla Sampdoria sull’Anderlecht, Vialli (autore della doppietta decisiva) va a scambiare la propria casacca con quella di un attaccante avversario: Arnor Gudjohnsen. Ecco perché è finita tra le mani di Eidur.

Idee per sfruttare gli assist di Frankie Lampard

L’avventura col mister, però, dura poche settimane: il successo in Community Shield non è sufficiente per evitare l’esonero di Vialli. A settembre arriva un altro italiano, Claudio Ranieri, che nei suoi quattro anni a Stamford Bridge punta forte sulla coppia formata da un olandese di pelle scura e da un islandese coi capelli biondi. Gli inglesi li chiamano Fire and ice, fuoco e ghiaccio. In campo si intendono meravigliosamente. E i numeri confermano: in un quadriennio riescono a mettere insieme 147 gol, di cui 52 solamente nella devastante stagione 2001/02. Se qualcuno vuole dare un’occhiata alle loro pagine Instagram, può notare che entrambi pubblicano ancora foto in cui sono ritratti insieme.

Nel lustro successivo, senza Jimmy Floyd, Eidur segna meno gol ma riesce comunque a dare il suo prezioso contributo sia al Chelsea (due Premier League vinte con Mourinho) che al Barcellona (triplete insieme a Guardiola, completato con la finale di Champions a Roma, nel 2009). La bacheca dei trofei di casa Gudjohnsen si arricchisce anno dopo anno.

Nel frattempo, sotto i ghiacci islandesi sta nascendo un nuovo calcio

La rivoluzione, avviata nei primi anni del nuovo millennio, si basa su due punti fondamentali: le strutture e gli allenatori. La costruzione di impianti indoor e campi sintetici permette di non interrompere le attività durante i gelidi inverni. I corsi professionali, riconosciuti dalla Uefa, sono invece la ricetta per formare quei tecnici che si occupano di giovani calciatori. Ai nostri occhi c’è una nazionale che scrive una favola. Dietro a questa favola, però, c’è una programmazione curata nei minimi particolari.

Un biennio fondamentale è quello delle qualificazioni per il Mondiale in Brasile. Nel 2011, al momento del sorteggio, l’Islanda occupa la posizione 121 nel ranking Fifa ed è ovviamente nell’ultima delle sei urne. Al campionato del mondo, quei ragazzi con la maglia blu, ci vanno veramente vicini. Dopo un gran girone chiuso al secondo posto, arrivano a sfidare la Croazia al play-off nel novembre del 2013. In Brasile, però, l’estate successiva ci andranno i croati.

Eidur ha 35 anni, la stessa età che aveva suo papà Arnor al momento di quel bacio dato al figlio per l’esordio. Anche la maglia è la stessa. Ma c’è un microfono davanti. Eidur conclude l’intervista in lacrime e, con quelle poche parole che escono, riesce a dire: “Temo che questa sia stata la mia ultima partita con l’Islanda”.

Sembra la fine di una storia, in realtà manca la pagina più bella

Non va esattamente così. Reduce da alcuni anni con tante squadre e pochi gol, l’attaccante riceve per la seconda volta una chiamata dal Bolton. E’ il suo primo amore inglese, quello che l’aveva fatto rinascere dopo un grave infortunio. All’epoca, però, non aveva neanche vent’anni. Nel dicembre del 2014 ne ha più di 36: funzionerà? Certo. A marzo arriva già la convocazione dei due allenatori della nazionale.

“Pensiamo che tu possa aiutare questi ragazzi”

I due tecnici sono Lars Lagerback (molte qualificazioni centrate con la Svezia) e Heimir Hallgrimsson (che di professione fa il dentista). In tandem lottano per raggiungere un sogno: portare un popolo di 320mila anime alla prima avventura internazionale. Il ritorno di Gudjohnsen, a distanza di un anno e mezzo dal play-off in Croazia, è bellissimo: contro il Kazakistan gli bastano 20 minuti per ritrovare il gol. C’è anche la vittoria, una delle tante che portano dritti in Francia: il sogno è realtà.

Per riuscire a salire sull’aereo (a 37 anni non è scontato), Eidur passa i primi mesi del 2016 insieme a un’altra leggenda della Premier League: va in Norvegia, nel Molde. L’allenatore è Ole Gunnar Solskjaer. Su quell’aereo ci sale.

La destinazione non è Disneyland Paris, ma ci assomiglia molto

Tutti i tifosi islandesi durante l’Europeo sembrano avere gli occhi a forma di cuore, come quelli di un bambino che vede trasformarsi in carne ed ossa i personaggi delle favole. Va un po’ così. Dopo aver passato il girone (mettendosi alle spalle anche il Portogallo che alzerà la coppa), gli Strakarnir okkar eliminano in rimonta (2-1) l’Inghilterra di Rooney e Kane. Non servono altre parole per descrivere questo risultato.

In tribuna stampa c’è chi riesce a vivere le partite dell’Islanda con un certo distacco…

La sera del 27 giugno c’è tutto un paese davanti alla televisione: secondo i dati, più del 99% di share tra le persone che sono rimaste sull’isola. 30mila islandesi sono invece sul posto, a Nizza. In pratica il 10 per cento della popolazione si è momentaneamente trasferito a sud.

La partita successiva, persa contro i padroni di casa, è l’ultima di Eidur Gudjohnsen con la maglia della nazionale. Un viaggio lungo più di 20 anni, iniziato col bacio del papà e terminato davanti ad un popolo in festa. Che continuerà a godersi i propri ragazzi, capaci di qualificarsi per il Mondiale di Russia 2018 e di pareggiare con l’Argentina.

Geyser Sound

Quando allo Zecchino d’Oro tornerà un bambino islandese, forse i suoi coetanei italiani risponderanno così: “Sì, conosciamo l’Islanda. E’ un posto dove nascono giocatori capaci di fermare Cristiano Ronaldo e Lionel Messi”.

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