Caro Calcio, ti scrivo: la lettera di un giocatore del Corlo

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I calciatori stanno vivendo questo periodo lontani dalla propria passione come tutti gli sportivi del mondo. L’amore per il calcio, però, non va mai in isolamento: è per sempre. Riceviamo e pubblichiamo la lettera scritta da un giocatore del Corlo

Una nostra società sportiva, AS Corlo, ci ha inviato il testo scritto da un proprio giocatore. I calciatori modenesi stanno vivendo questo periodo lontani dalla propria passione, come tutti gli sportivi del mondo.
L’amore per il gioco, però, non va mai in isolamento: è per sempre.

Caro Calcio, sono le 17.30 di domenica 26 aprile e ho voglia di scriverti.

Parto dalle ultime cose.
Tre fischi dell’arbitro, qualche stretta di mano e le zolle di terra che si sono staccate dalle mie scarpe, sbattute prima di entrare in questo spogliatoio. Sono insieme ai miei compagni: si respira un po’ quella sensazione da ultimo giorno di scuola.

Un altro campionato è finito.

Foto di S. Hermann & F. Richter da Pixabay

Ci siamo conosciuti tanto tempo fa, caro Calcio, ma tu sei una di quelle belle amicizie che nascono all’asilo e non tramontano mai. Di anni ne sono passati parecchi: ero un bambino e adesso sono un uomo, eppure ogni volta che vado al campo e vedo un pallone… mi sembra che l’orologio della vita si sia fermato. Boh, non so cos’hai di tanto speciale.

A volte mi fai anche incavolare parecchio, sia ben chiaro: siamo in confidenza e non ho problemi a fartelo sapere.
Però sei parte di me, nel bene e nel male, sempre.

Non so se ti ricordi il mio primo allenamento, io benissimo: ero un po’ timoroso (sai, con le cose nuove è così…) ma non vedevo l’ora di entrare in quel rettangolo verde. Adesso c’è solo una differenza, caro Calcio: in via Battezzate ci arrivo da solo, senza che qualcuno mi accompagni. Quando percorro quei 30-40 metri che dividono il parcheggio dagli spogliatoi, i pensieri sono più o meno gli stessi di allora: do un’occhiata al campo e torno bambino.

All’inizio di questa lettera, parlandoti dell’ultima giornata di campionato, stavo solo fantasticando. Lo avevi capito, caro Calcio: mentre ti scrivo sono in una stanza di casa mia, mica dentro uno spogliatoio. Oggi, insieme ai miei compagni del Corlo, avrei dovuto giocare a Maranello, come ben sai. E a quest’ora chissà quali sarebbero state le nostre emozioni alla fine di questo percorso lungo 26 tappe, ciascuna di novanta minuti. Invece siamo fermi da un po’, a causa di un virus mondiale che ci tiene lontani. Da te e dalle persone. Aspettami un attimo, cerco carta e penna e torno subito. Rieccomi, per non farti perdere troppi minuti ho già fatto i conti: è da 54 giorni che non vado ad allenarmi e da ben nove settimane che non provo quell’adrenalina da partita. Tanto, eh?

Quest’anno, caro Calcio, eri anche riuscito a farmi una bella sorpresa: non sai che sollievo, all’uscita dei calendari, leggere che la stagione sarebbe finita l’ultima domenica di aprile! Ce l’avevi fatta ad evitare quell’antipatica sovrapposizione che i calciatori corlesi non sopportano. Giocare a pallone non ci pesa praticamente mai, lo sai: puoi darci appuntamento a fine agosto con trentacinque gradi, ci siamo; di mercoledì sera in montagna dopo otto ore di lavoro, ci siamo; in pieno inverno con il freddo e la pioggia, ci siamo. C’è un giorno, però, in cui dirti di sì è una gran fatica: è la domenica della Magnalonga. Tra una settimana avremmo quindi potuto camminare, bere e mangiare per tutto il giorno: ci avresti lasciato liberi (salvo spareggi…). Però il 2020 si è divertito a cambiare i nostri piani, quindi il 3 maggio niente Magnalonga. Pazienza.

Quando ci rivedremo? Non lo so, caro Calcio: c’è chi dice che dovrò aspettare ancora parecchio. Però ti penso spesso, oggi ti ho scritto perché a volte mi viene un po’ di sana nostalgia. Grazie per avermi dedicato questi minuti, è bello sapere che tu abbia letto le mie righe e ascoltato le mie parole.

A presto, caro Calcio!

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